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Le prossime tendenze del rosé

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(continua l’intervista di Irene Graziotto a Elizabeth Gabay_ 2^parte )

 

Quali altri grandi cambiamenti, se ve ne sono stati, hanno influenzato il mondo dei rosé negli ultimi dieci anni?
EG: Il successo finanziario dei rosé provenzali non può essere sottostimato. In quanto ha dato ai produttori di rosé una sicurezza tale da considerare che i rosé potessero forse essere qualcosa di più che un vino per soli due mesi l’anno.
Questo ha spinto persone come Sacha Lichine ad annunciare che stava facendo il rosé più costoso del mondo a 80 euro la bottiglia – e a fare sold out ogni anno.
Tale successo ha fatto sì che gli enologi sperimentassero l’uso di rovere e anfora nella produzione.
Per moti versi questo non è nulla di straordinario ma per molti produttori, il solo pensare di poter fare rosé più seri qualora lo volessero è stato un considerevole salto mentale.

Il rosé è senza dubbio il tipo di vino più instagrammato, costantemente circondato da piscine, mare, momenti di svago, etc.
I consumatori comprano rosé perché è rosé più che per il fatto che provenga da una regione geografica piuttosto che un’altra.
È d’accordo?
EG: Sì, – ma penso anche che questa enfasi sui rosé di Instagram stia mostrando una divisione nel mondo dei rosé, fra i rosé da spiaggia e i rosé seri.
La grande questione è se l’immagine su Instagram dei rosé renda difficile l’apprezzamento dei rosé seri.

Single-Vineyard Rosés in Napa and Sonoma are Bringing Focus to Terroir” è il titolo di un articolo di Wine Enthusiast pubblicato lo scorso autunno.
Ritiene che arriveremo mai ad una produzione/comunicazione legata al territorio anche per i rosè, magari per quelli prodotti nei cru?
EG: Decisamente, e sta già iniziando.
La Provenza ha sottolineato 4 differenti suoli – calcare, scisto, vulcanico e pietrisco misto – e questi stanno rivelando un’interessante diversità. Beaujolais rosé da suoli granitici, rosé siciliani da suoli vulcanici, etc. sono altri esempi.
Molti produttori stanno ancora pensando al rosé come ad un prodotto neutrale, ma la territorialità è un trend in crescita.
E anche i rosé da altitudine lo sono.


Oltre ai rosé della Sicilia menzionati sopra, quali sono le alter denominazioni che sono richieste e che si possono trovare all’estero?
EG: L’altro rosé di successo è il Pinot Grigio dal Veneto.
Ho visto che anche il Chiaretto è reperibile – ma ad ora non c’è ancora molta comprensione che ci siano due diverse tipologie di rosé prodotte sul Lago di Garda (Chiaretto di Bardolino e Chiaretto Valtenesi, ndt).
Altri rosè italiani sembra vengano scelti in maniera più casuale – per prezzo (economico), perché il produttore è molto conosciuto e vengono comprati i suoi vini bianchi e rossi, ma come accennato sopra pochi consumatori sembrando volere un rosé italiano di una specifica denominazione.

Rosé italiani: non se ne parla molto. C’è una ragione particolare?
EG: Forse per la mancanza di fiducia da parte dei produttori?
Rosati sfuso a basso prezzo e Pinot Grigio sono stati visti come fonti remunerative mentre i rosé di qualità sono ancora un segreto per un pubblico ristretto.
Tuttavia, una lunga storia e tradizione e alcuni diversi e incredibili stili suggeriscono che ci sarà un cambiamento a breve.
A patto che qualità e diversità vengano debitamente difesi.

Se lei fosse una produttrice italiana, dove esporterebbe il suo vino?
Ovvero, quali mercati sono i più attratti dal rosé?
EG: America, soprattutto l’East Coast che è un mercato importante per i rosé in cui si riscontra una forte crescita d’interesse e curiosità per il vino.
Tuttavia, il mercato è abbastanza saturo e molti produttori rivelano che assorbe solo piccole quantità.
L’Australia è un mercato interessato al rosè che si sta sviluppando in maniera massiccia – forse ad ora è quello con il maggior tasso di crescita.
Anche la Scandinavia è un buon mercato – ma ancora, a causa del monopolio, con una varietà limitata.
Ed, infine, l’Europa Centrale. È facile dimenticarla, ma l’Europa Centrale è anch’essa un mercato in forte crescita.

Quale è la situazione degli UK?
EG: Gli UK – per quello che riguarda l’Horeca – è ancora in fondo alla lista.
Ci sono alcuni rosé in offerta – Pinot Grigio e White Zinfandel oppure costosi rosé dalla Provenza in carta vini.
Per quanto riguarda la GDO, vi si trova più o meno la stessa offerta con alcuni vini classici della Provenza.
Nelle enoteche vi si trovano piccole quantità di rosé ma è questo il settore che mi fa ben sperare.
Questo settore è alla ricerca di nuovi vini e i rosé di qualità con una vera personalità (regionale, tradizionale, originale) possono qui trovare un mercato adatto.
Il grosso problema negli UK per l’HORECA e la GDO è che sempre una corsa al ribasso sui prezzi.

Profilo del consumatore: con alcuni rosè venduti ad 80 euro la bottiglia, non si tratta solo di consumatori giovani seduti a bordo piscina o di acquisti al supermercato.
Di chi si tratta?

EG: Rosé a 80 euro… Il mercato in assoluto più grosso di Garrus è la clientela da yacht –St. Tropez, Cannes, Costa Smeralda…. Sacha Lichine ha creato il suo Garrus rosé esattamente per questo mercato; lui stesso ha capito di aver fatto centro quando i designer di yacht hanno iniziato a costruire scaffali per riporre le magnum di Garrus.
In alternativa – solo ristoranti di fascia alta ed enoteche, molto selezionati.
C’è un mercato per i rosati costosi rivolto ai ricchi.
Ci sono rosé costosi dalla California e dalla Spagna… ma ancora un numero ristretto. Ho due opinioni in  merito ai rosè costosi.
Prima opinione in merito – non mi piace questa immagine di rosé per ricchi.
Tuttavia, c’è un mercato cui piacciono i vini costosi.
Seconda opinione in merito – se fare rosé migliori per giustificare il prezzo incoraggia la produzione di rosé buoni, allora ben venga!

Cinque rosé iconici?
EG “Bodegas Lopez de Heredia Tondonia in Rioja, Garrus from Chateau d’Esclans in Provenza, Domaine Tempier in Bandol, Olivier Horiot col suo Rosé de Riceys e, infine, lo Champagne rosé”.

E cinque regioni meno conosciute che meriterebbero di diventare iconiche?
EG: Impossibile a dirsi – sicuramente le regioni da tenere sott’occhio sono Oregon (rosé da Pinot Noir), i rosé vulcanici provenienti dalla Sicilia e dalle Azzorre, e poi Grecia con le sue adorabili varietà indigene che possiedono buona acidità e aromi di frutta matura, Austria – frutta e acidità e un serio lavoro enologico in divenire e, infine, California – carattere varietale, carattere territoriale, varietà e blend interessanti e curiosità verso nuovi stili.

Qualche idea su come il mondo dei rosé cambierà nei prossimi dieci anni?
Ci sono già alcuni minori cambiamenti in atto?
EG: Gli enologi stanno imparando ad ottenere i massimi risultati dallo stile rosé e ad andare persino oltre.
Varietà interessanti – molte varietà autoctone sono state dimenticate perché non producevano grandi vini rossi ma sono perfette per i rosé.
Altre danno vita a rossi tannici e alcolici – ma raccolti un po’ in anticipo danno la possibilità di produrre buoni rosé.
Il petit verdot non crea i rossi più eleganti ma è fantastico e fruttato se vinificato come rosé. Terroir – il calcare può contribuire a dare una acidità più cremosa, i suoli vulcanici mineralità mentre l’altitudine convoglia acidità e sentori di frutta matura.
Un maggior riconoscimento delle tradizioni storiche e un maggiore apprezzamento degli stili regionali. Tavel, Cerasuolo, Clairet – tutti hanno una tradizione di rosé più scuri e fruttati.
Si rischia di perdere questa tradizione in quanto molti produttori ritengono che i vini debbano essere chiari per essere venduti.
La moda nell’apprezzamento di rosé dalla tonalità più scure avrà successo?
È ancora un punto di domanda – ma penso che la risposta sarà probabilmente sì.
Sperimentare con le tecniche di vinificazione – fermentazione e/o invecchiamento in rovere – un compito non facile in quanto il rovere può dominare il vino.
L’uso di anfora o cemento aiuta a dar un corpo e una struttura attraenti.
Un lungo contatto con le bucce, specialmente se si fa uso anche i alcune varietà bianche nel blend, contribuisce anche qui a dare sostanza senza cambiare lo stile del rosé.
Il trend maggiore – scoprire che i rosé possono invecchiare e non è necessario berli entro uno-due anni.

Il testo dell’intervista di Irene Graziotto con Elizabeth Gabay, in lingua inglese,
è consultabile presso questo link.

Per ulteriori approfondimenti sull’argomento :
_Elizabeth Gabay, Rosé:
Understanding the Pink Wine Revolution

_Studio OIV 2015
http://www.oiv.int/public/medias/3103/focus-2015-les-vins-roses-en.pdf
_Conseil Interprofessionel de Vins de Provence
www.vinsdeprovence.com
_Vidauban
www.centredurose.fr
_ “Il Caso Lila Wines” su AleaNewsCafé
https://aleanewscafe.com/2018/06/07/2866/
_Wine Spectator:
speciale sui rosati 2018
_American Association Wine Economics
http://www.wine-economics.org/aawe/wp-content/uploads/2016/07/2D-Couderc-Rose-wines-Volume-consumption-production-prices-exchanges-worldwide-trends-consumers.pdf
_Wine Enthusiast
https://www.winemag.com/2017/09/19/single-vineyard-roses-in-napa-and-sonoma-are-bringing-focus-to-terroir/
_Wine Searcher
https://www.wine-searcher.com/m/2018/05/the-pale-and-uninteresting-problem-with-rose[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]