È prevista per il 28 gennaio alla Gran Guardia di Verona l’appuntamento con l’Anteprima Amarone, annata 2013. Un appuntamento importante che rimette al centro dell’attenzione una delle denominazioni più rappresentative del panorama enoico eppure oggi fra le più tormentate.

Tralasciando le voci di corridoio sulle difficoltà economiche che attanaglierebbero la denominazione, intendo soffermarmi su quelle che sono le difficoltà manifeste e sotto gli occhi di tutti.

Partiamo dalla frammentazione fra Consorzio (1.800 aziende, 60 milioni di bottiglie) da un lato e dall’altro Famiglie dell’Amarone, dodici tra le aziende storiche e più rappresentative:

-Allegrini-
-Begali-
-Brigaldara-
-Guerrieri Rizzardi-
-Masi-
-Musella-
-Speri-
-Tedeschi-
-Tenuta Sant’Antonio-
-Tommasi-
-Venturini-
-Zenato-

con tanto di causa legale ancora in corso, una situazione che lascia quantomeno interdetta la stampa estera. Tanto che Wine Spectator pubblica il 15 dicembre scorso, a firma di Alison Napjus, un consistente articolo sull’ Amarone’s Great Divide e nella sua Top 100 fra i grandi rossi italiani va segnalata proprio l’assenza del rosso veronese.

Con questa divisione diventa anche più difficile avere una panoramica generale delle annate in commercio: all’Anteprima infatti non sono presenti le Famiglie dell’Amarone oltre ad alcuni grandi soggetti come Quintarelli e Dal Forno, mancanza con cui si riesce in parte a sopperire con la degustazione a Villa De Winckels dove invece sono presenti anche le Famiglie.

L’altra frammentazione è fra Valpolicella Classica ed Allargata, sulla cui percezione anche tra i buyer ci sono opinioni divergenti, tra chi ci pone attenzione e chi pur conoscendo la differenza decide di bypassarla. A ciò si aggiunge una panoramica di prezzi molto diversi, che fanno fatica a convergere su una media e su una scala di prezzo comprensibile.

Tuttavia, la vera criticità è la contesa “fratricida” fra Amarone e Valpolicella Ripasso, con quest’ultimo che da “prodotto di ricaduta” è diventato il vero core business grazie ad un rapporto qualità-prezzo imbattibile che sul mercato fa letteralmente le suole al fratello maggiore. Profilo organolettico attraente, struttura, tannini assai morbidi lo rendono un prodotto estremamente appetibile che è il primo della Valpolicella per volume – 210 mila ettolitri nel 2015, contro i quasi 15 mila del Valpolicella e i 10 mila circa dell’Amarone – e il secondo in valore dopo l’Amarone. Con questi risultati conseguiti dopo solo 6 anni dal riconoscimento del Ripasso come Doc, ora che la denominazione viene rivista e si chiamerà Valpolicella Superiore Ripasso . Questo consentirà di fare Ripasso solo a partire da vini con una gradazione alcolica minima uguale a quella del Valpolicella Superiore ovvero dell’11% per raggiungere un titolo alcolometrico effettivo al consumo non inferiore al 13% vol. Le vinacce usate dovranno includere una frazione liquida di vino atto a divenire Amarone o Recioto compresa tra il 10% e il 15% rispetto al totale di vino Valpolicella da ripassare. Una precisazione molto importante perché esclude chiaramente il ‘taglio’, cioè l’utilizzo nel ripasso di vino finito declassato. Le vinacce dovranno avere un residuo zuccherino minimo di almeno 10 g/l e l’operazione di ripasso dovrà avere una durata minima di tre giorni”.

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